Le fatiche della Costruzione

Così raccontano le Memorie dell’Istituto a proposito della posa della prima pietra:
In quest’anno potemmo godere per tanti mesi della compagnia della nostra Rev. Madre Generale, e furono mesi veramente di Paradiso. Per essa però sempre di pensieri e di fatiche per procurare il bene, l’incremento delle opere dell’Istituto. Si occupò moltissimo di dare attuazione al progetto di fabbricare una Chiesa in vicinanza alla Casa di Via Sicilia, per favorire e sviluppare le opere dell’Istituto e contrapporle a quelle dei protestanti che specialmente nei Quartieri Ludovisi lavorano con grande attività ed energia. Infatti nel mese di luglio si ebbe la consolazione di mettere la prima pietra alla Chiesa del Redentore che sorgerà ad attestare la bontà generosa e munificente di Leone XIII, avendo Egli favorito all’Istituto per quest’opera ventisei mila lire.

La funzione riuscì solenne, non solo ma indimenticabile per la sua imponenza: venne messa la prima pietra dall’Eminentissimo Cardinal Vicario Respighi, coll’intervento di illustri prelati, colla speranza di farne presto la consacrazione.
Era la prima pietra che posava in Roma l’Eminentissimo Cardinal Vicario e ne mostrò quindi la sua soddisfazione.
Purtroppo però la costruzione andava per le lunghe. Madre Cabrini attraverso le sue lettere continuava a disporre perché i lavori si concludessero un po’ più rapidamente.
Invece aveva sempre molte delusioni.

Così scrive a Madre Gesuina Diotti, una delle sue più importanti collaboratrici che la rappresentava a Roma:Mia figlia carissima,
“Che disillusione! Parlandomi tu due o tre volte, della volta, io ho sempre creduto che fosse quella della Chiesa e già volevo pregarvi di farne la fotografia dell’interno, perché io potessi contemplarla la struttura ed ora invece l’ultima tua mi chiarisce che è solo finito il basamento. Allora non sarebbe proprio il momento di cercare l’altra parte di denaro al Santo Padre. Andate avanti più in fretta che potete e quando le mura sono un poco alte allora cominciate a cercare, come già vi ho detto.

Che ha mai avuto in mente Pacelli nel fare quelle numerose copie? Permetta almeno il buon Gesù che possano salvare alcune anime e ridurle a miglior partito, poiché i giorni corrono assai male e non si è ancora potuto pensare a ricostruire sanamente la nuova generazione. Voi pregate e lavorate molto senza stancarvi né indietreggiare.
Quando sarà pulito da tutte le cose fabbricabili il salone basamento, guardate se potete riunire là i fanciulli in ora opportuna per istruirli per la SS. Comunione per vedere che Monsig. Tiberchien prenda amore alla sua Parrocchia edificanda. Dirai a M.e Agostina che abbia pascienza, che più sono le difficoltà, più sono i meriti che si raduna per la vita eterna. Tenete molto animato Cucco sino alla fine e non credete che non abbia mezzi. Sa piangere miserie tante volte, ma ne ha e ne ha tanti. Voi però non pensate a questo, ma ad ottenere il vostro scopo che cioè compia il contratto come è stato fatto che gli farà onore e gli otterrà la stima universale dei Romani. Procurategli spesso qualche visita sul lavoro di personaggi che lo invogliano sempre più. Questo è il mio modo di prendere le persone come sono, appunto come insegna la carità di Cristo.” (Lett. da Chicago, 7.5.1903)

Il 21 Giugno dello stesso anno, Madre Cabrini continua le sue raccomandazioni per la Chiesa del Redentore:
“Riguardo al lavoro del salone mi pare che non convenga cambiare progetto perché quando è fatto il contratto, l’Architetto deve fare il lavoro come è stato stabilito pel prezzo convenuto e poi per l’oratorio festivo serve quel salone e non uno fatto in cima alla Casa, e così pure pel teatro è necessario quel salone. Se volete poi per di più fare anche un camerone in cima la casa fatelo pure se la spesa non sorpassa le 2 mila lire come mi dite e quello servirà anche per dormitorio delle prime comunioni che converrà fare di poi in quella Casa e il salone a basso servirà pel ritiro e pel refettorio. Non cambiate dunque nulla ma fate che finisca tutto in fretta intanto che fa caldo; almeno penso che a Roma faccia caldo ma a Chicago fa freddo come in febbraio meno qualche giorno in cui si muore dal caldo. Io faccio due inverni quest’anno.” (Lett. da Chicago del 21 Giugno 1903)

Purtroppo però, il 20 Luglio del 1903 moriva il Papa Leone XIII al quale Madre Cabrini avrebbe voluto dedicare la Chiesa. Si legge nelle Memorie:
“Il Cuor SS. di Gesù, colmandoci delle sue grazie, non ci volle però privare del dolore, che è il sicuro e più dolce retaggio dell’anima religiosa.
Il caro nostro Istituto perché due aiuti, due sostegni validissimi e forti: in una parola il Padre. Molto si sente, e doverosamente, la perdita dell’Eminentissimo Cardinal Parocchi che per sedici anni si mostrò Padre Protettore. Benefattore non solo di questa nostra Casa ma di tutto il nostro caro Istituto. La nostra Rev. Madre Generale perde in lui un consigliere, un sostegno, ed anche un conforto. Ma sempre adorabile e cara è la volontà di Dio. Si fecero suffragi particolari per l’anima benedetta e cara. Ma un lutto ancor più grave, mentre colpiva la Chiesa universale, colpiva pure il caro nostro Istituto. Le preghiere più intense e ferventi non valsero a trattenere ancora sulla terra l’anima grande e immortale del Sommo Pontefice Leone XIII.
Immenso fu il dolore che tutte provammo, poiché l’Istituto perdette in Lui un Padre amatissimo. Leone XIII amò, protesse, beneficò l’Istituto con affetto di Padre, con generosità di Pontefice, ed ebbe per la Venerata e Madre nostra affetto, venerazione, stima e grande fiducia. Ciò sarà sempre un vanto e la gloria più bella del nostro Istituto. Suffragi che innalzammo per l’anima grande e santa durarono otto giorni interi, fino alla tumulazione della venerata salma. Leone XIII riposa nella tomba, ma il suo spirito vive, il suo affetto per noi è centuplicato di intensità e di potenza.”

Da buone figlie della Chiesa, tuttavia le Missionarie offrirono la loro obbedienza al nuovo Papa Pio X:

“Colla Chiesa, dopo i trepidi giorni della sede vacante, esultiamo per l’elezione del nuovo Pontefice, Pio X°. Abbiamo fede e confidenza in Lui come a Padre novello. Otto giorni dopo la sua elezione, la Rev. Madre Savaré e la Rev. Madre Direttrice si presentano per la prima volta al Sommo Pontefice, offrendogli i sentimenti di filiale attaccamento e di fedeltà di tutto l’Istituto. Il Santo Pontefice, Pio X, colla sua ineffabile bontà, benedice la Rev. Madre Generale, l’Istituto, ogni singola religiosa. E’ la prima Benedizione apostolica e da essa ci ripromettiamo grazie e benedizioni larghissime!”(Ibidem) 

Madre Cabrini comunque dopo aver espresso il suo grande dolore par la morte del Papa che l’aveva incoraggiata nella sua grande impresa missionaria, continua ad insistere perché si termini la Chiesa del Redentore.
I suoi desideri per quella Chiesa, sembra non abbiano limiti e fa il confronto con una Chiesa che stanno costruendo a Seattle, nello Stato di Washington:

“Per la Chiesa che si inoltra nel suo lavoro sarà bene preparare i disegni che volete per le pitture e non aspettare in ultimo. Cucco aveva detto che per lui è lo stesso qualunque disegno. Preparate dunque qualche cosa di simbolico. M.e M.a Teresa ha veduto la Chiesa di Maria Ausiliatrice a Madrid, ebbene cerchi di avere quei disegni, che sono proprio qualche cosa di bello e di eccitante la divozione. E il parroco della nostra Chiesa del Redentore che fa? Spero che l’adornerà molto bene, veramente degna del Redentore e poi si procurerà tanti coadiutori per farla essere una vera grande Missione. Dovrebbe aiutarci anche a comprare la casa Macchi che allora potremo fare là la Casa di adorazione. Ditegli che questo è un mio sogno dorato e sarei felice se lui me lo facesse divenire realtà. Che bel merito si farebbe! A te la Missione di riuscirvi.”
……….. “Stiamo fabbricando la Chiesa larga 10 metri e lunga 25, ma facciamo più in fretta che a Roma; in un mese sarà finita. È tutta di legno, ma fatta bene colla sacrestia e il pendant dall’altra parte dell’altare che serve di Confessionario. Io sono qui ancora per dirigere i lavori e per far girare le Sorelle, perché voglio tutto regalato. Il solo legno costerà 15 mila lire, ma l’hanno già tutto regalato, solo i chiodi e la fattura pagheremo che costerà 3 mila lire circa. Sono faticosi questi momenti, ma abbiamo il grande compenso di vedere moltissimi italiani accorrere e alcuni ci commovono davvero, colla gran fede che mostrano; dopo 20, 30, 40 e 50 anni che non avevano più veduto la Chiesa.” (Lett. da Seattle del 8 Novembre 1903).

Nel febbraio del 1904, insisteva ancora:
“Finite in fretta la Chiesa che è ora di aver in ordine tutto, che già andiamo per i due anni. Io non vengo a Roma se non è finito tutto, perché, per compiere il resto, voglio la Casa di adorazione e la si deve fare, fino a che il buon Gesù non ci darà una Casa migliore….” (Lett. da Seattle, del 26 Febbraio 1904).

E ancora nell’aprile dello stesso anno:
“Non so esprimervi quanto abbia gradita la benedizione di Sua Santità così spontanea come me la mandò per mezzo di M.e Felicissima. Ho tanta fede in tale benedizione per cui non temo nessuna difficoltà. Vorrei però che valesse anche per farvi finire la Chiesa in fretta. Con le leggi nuove socialistiche, le giornate degli uomini sono sempre lunghe ugualmente e avreste anzi dovuto approfittare dell’inverno specialmente per lo sterro. Bene ora è estate, vedete di finirla in fretta perché c’è da pensare a qualche altra cosa.” (Lett. da Denver, del 11 Aprile 1904).

Insiste ancora:
"Sto lavorando molto pei piani dell’orfanotrofio che ci fabbrica il Capitano Pizzati. Non vorrei che si finisse prima questo, che si comincerà tra poco prima della vostra fabbrica in Via Sicilia. Sento che il salone sotto non è ancor fatto e neppure è finita la Casa di sopra.

Questo sta male assai, che in più di due anni non siano finiti i lavori. Prima c’era la scusa delle giornate corte ed ora che scuse avete? I denari li avete perché non li adoperate? Non ve li ho dati per tenerli alla banca, ma per il lavoro. Fate che in due mesi sia tutto finito. La chiesa non si aprirà se non sarà prima finito il salone e la Casa. Io non vengo a Roma se non è tutto finito. Lavorate nelle vacanze per avere tante bambine alla Scuola.” Lett. da New Orleans del 9 Luglio 1904.

Anche se le cose andavano per le lunghe, non smetteva di collaborare e dare consigli:
“In via Sicilia finite tutto con molta proprietà e, se l’altare non è rimediato e che sta male, fatemelo sapere che vedrò se posso trovarne uno. Intanto ditemi la larghezza e l’altezza del Presbitero.”(Lett. da Madrid del 3 Settembre 1906).

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